Animalisti – Roma : Papa Francesco, gli animali e quell’antico filo rosso che unisce la Chiesa e le altre specie

Repubblica.it, 22 Marzo 2013

Nella Genesi si parla di “tutte le fiere della terra”. L’arte cristiana si ispira da secoli alla fauna. E tra i simboli del cattolicesimo ci sono colombe, cardellini, pesci, pecore. Tutto questo non si è mai tradotto nel riconoscimento di diritti. Ma ora, con Bergoglio, gli animalisti sognano

di MARGHERITA d’AMICO

ROMA – La scelta del nome, la rinuncia alle bordure di ermellino, le parole sul rispetto del Creato e sulla vocazione di custodire tanta bellezza, persino la carezza alla labrador Asià, in questi giorni hanno lasciato sperare agli amanti degli animali che papa Francesco si riveli portavoce di un nuovo atteggiamento della Chiesa verso le altre specie. “A tutte le fiere della terra, a tutti i volatili del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è l’alito di vita io do come nutrimento le erbe verdi. E così avvenne” dice la Genesi (1,30) e pure (2,15): “Iahve  prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo coltivasse e lo custodisse”. Eppure, dopo il peccato originale e l’introduzione della morte, le cose cambiano drasticamente: “L’uomo perde l’armonia con l’universo e assume, per delega, il ruolo di padrone della creazione. E’ Dio infatti, sempre nella Genesi, a invitarlo a dare un nome agli animali. Nella cultura ebraica dare un nome alle cose significa conoscerne l’essenza, quindi padroneggiarle,” spiega lo storico Franco Cardini. Tuttavia, pur infranta l’originaria alleanza, si continua a trarre dagli altri viventi suggerimento fondamentale.

Quanti simboli cattolici, quante metafore, quanta iconografia dell’arte cristiana attingono da secoli alla fauna, prescindendo dai diritti negati: primo fra tutti, il mancato riconoscimento dell’inviolabilità della loro vita, considerando il dono concesso da Dio agli animali di categoria inferiore. Ma la loro presenza è indispensabile al linguaggio della Chiesa, iniziando dallo stesso concetto di pastore e gregge per continuare con l’immagine di colombe annunciatrici, cardellini, pesci, api. Sono un bue e un asino a scaldare il Bambino nella grotta, e a cavallo di un’asina Cristo entra a Gerusalemme. Aquila, toro e leone rappresentano tre evangelisti su quattro, e un altro grande felino che rende meno aspra la solitudine di San Girolamo. Si potrebbe proseguire a lungo. Tra l’altro, lo stesso Gesù bandì ogni sorta di sacrificio – umano e animale – e scacciò dal Tempio quei mercanti che commerciavano palombelle. Tale vicinanza agli animali non si è mai tradotta, però, in una pietà ufficiale e pratica  della Chiesa verso creature ormai definite intelligenti e senzienti anche della scienza, né in una rinuncia almeno del clero all’abitudine di cibarsene.

La stessa Pasqua prevede l’immolazione tradizionale di milioni di agnelli, altrimenti considerati emblema di innocenza. “La simbologia animale è estremamente presente, viene dalla Bibbia ma pure dalla tradizione ellenistico-medievale, dai bestiari derivati da Plinio” commenta Cardini. “Al contrario, Ebraismo e Islamismo hanno cercato di limitare queste presenze, dovendo fronteggiare correnti pagane che eleggevano gli animali persino a divinità. In ogni caso, mentre le culture indù sono in linea generale cosmocentriche, ovvero fondate su un amore per le cose senza distinzioni di merito, quelle abramitiche e pre-moderne sono antropocentriche. Ragionano in termini di riferimento alla divinità, non di rispetto per l’individuo.”

Una concezione più ampia dell'”altro” la predicò senza dubbio San Francesco d’Assisi, cui Bergoglio ha voluto ispirarsi. “Non sappiamo ancora quale sarà l’atteggiamento del Papa verso animali e natura; per ora si coglie solo l’intento di conferire maggior valore all’attenzione per gli altri, anche nella quotidianità dei “buonasera”, “buon pranzo”. Francesco, che pure non era vegetariano, nell’interpretazione profonda delle ragioni altrui oltrepassò la barriera fra specie. La storia del lupo di Gubbio, fioretto a metà fra storia e leggenda, lo dimostra,” dice la storica Chiara Frugoni. Si narra infatti che San Francesco incontrasse il lupo che terrorizzava la città, ammansendolo: “Avvertì gli abitanti che avrebbe fatto un patto con l’animale, ma loro avrebbero dovuto nutrirlo. Inoltre, ricordò che il lupo non era cattivo, ma fatto così; quando, nel Medioevo, questi animali venivano addirittura processati, impiccati pubblicamente”.

Più che dettata da zoofilia, appare probabile che la rinuncia all’ermellino da parte del nuovo Papa rispecchi solo un rifiuto della celebrazione del potere temporale della Chiesa, prendendo le distanze dall’antica assunzione di prerogative imperiali. Eletta a simbolo di purezza e regalità, la pelliccia del piccolo mammifero ha ornato nei secoli gli abiti dei regnanti: “Potius mori quam foedari”, motto dei duchi bretoni medievali, si rifaceva al candore incontaminato di quel manto per cui era “meglio morire che insozzarsi”. E, al momento, dall’ufficio stampa della Santa Sede si ottiene solo: “La Chiesa non si occupa di animali”. Lo sa bene il sacerdote austriaco Thomasz Jaeschke, che nell’ottobre 2011 rimase quattro giorni a digiuno, genuflesso in piazza San Pietro, supplicando che l’amore cattolico abbracciasse ogni creatura. Rimase inascoltato, ma Papa Francesco sembra assai incline a meravigliare e basta questo a non spegnere il sogno animalista.

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